di Giovanni Dore - Consigliere Comunale a Cagliari
La concomitanza della festa dimenticata di Sa die de sa Sardigna e delle manifestazioni contro i simboli cittadini dedicati ai Savoia, dovrebbero indurci ad approfondire qualcosa in più della nostra storia e della incapacità della società sarda di sapersi concretamente affrancare dalle indubbie vessazioni subite dalle dominazioni “forestiere” che proseguono fino ad oggi.
Probabilmente non tutti sanno che dopo i famosi moti contro i piemontesi del 1794, che hanno dato origine alla festa sarda, le speranze di libertà, democrazia e autonomia divampate in tutta l’isola vennero presto frustrate ad opera proprio degli stessi sardi ed, in particolare, degli esponenti della classe nobiliare e borghese cittadina che “lavorarono”, spesso segretamente, per la “normalizzazione” della società sarda ed il ritorno dei piemontesi.
Tanti tra i tanti “rivoluzionari” della prima ora, si tirarono indietro al fine di non perdere i poteri ed i privilegi della società feudale ed in breve tempo si riavvicinarono saldamente alla monarchia che poco prima avevano “scacciato”.
Percorso inverso a questi ultimi fece, invece, Giovanni Maria Angioy, avvocato, professore di diritto e giudice della Reale udienza, inviato in Sardigna, in qualità di Alter Nos, al culmine delle insurrezioni, per ristabilire l’ordine a Sassari, in odore di secessione.
Angioy venne accolto ovunque come un liberatore perché si schierò dalla parte degli oppressi in opposizione allo sfruttamento feudale. E dopo esser stato destituito del suo ruolo dai monarchi, nel percorso inverso verso la città di Cagliari si accorse pian piano di esser stato abbandonato da tutta l’intellighenzia isolana e cagliaritana in particolare. Tanto che fu affrontato e sconfitto ad Oristano dalle milizie regie l’8 giugno del 1996, che nel capoluogo avevano “incassato” il pieno consenso dei Sulis, dei Cabras, dei Pintor e di quasi tutti quei “rivoluzionari” pentiti di due anni prima. Inutile aggiungere che l’Angioy, dopo gli ultimi vani tentativi, si dovette rifugiare a Parigi, dove mori esule, malato e povero.
Possiamo dunque prendercela contro tutti i dominatori di ogni epoca e simbolicamente abbatterne alcuni simboli, ma fin quando i sardi, con gesti coraggiosi, retti e competenti in ogni settore della società, non sapranno saldare il proprio conto col “tradimento” perpetrato ai danni di Giommaria Angioy non avranno pace.
da L’UNIONE SARDA (6263)
Condivido e inserisco il link di un mio pensiero scritto qualche anno fa sullo stesso tema.
Tanti cari saluti
Un tuo ex compagno di squadra
http://www.democraziaoggi.it/?p=2768
grazie Gian Mario per il contributo … Evidentemente con il tuo ritorno nel nord sardegna non abbiamo perso soltanto un ottimo calciatore ! A presto. G.